Dalla penna alla spada: questioni di politica e di giornalismo

Soprattutto a partire dall’Unità d’Italia, le «partite d’onore» non riguardano più soltanto l’alta aristocrazia e le gerarchie militari, ma investono anche la vita politica parlamentare, l’alta borghesia e, sempre più, gli ambienti giornalistici, che si appropriano dell’istituto duellistico per nobilitare e risolvere le proprie vertenze d’onore pubblico e privato.


Diverbi e offese tra onorevoli in Parlamento e opinioni espresse in un libro o sui quotidiani da politici e giornalisti approdano sovente a sfide d’onore, talvolta sanguinose. 


All'indomani dell'Unità d'Italia, politici e giornalisti incrociano le spade in concomitanza con gli scandali e i fenomeni di collusione con la finanza, per accuse a mezzo stampa di corruzione, di denaro dato in cambio di sostegno con articoli o voti alla Camera.


Nel 1898, il tragico duello che porta alla morte del politico Felice Cavallotti contro il direttore di un giornale, Ferruccio Macola, provoca un'ondata di sdegno e costituisce una svolta, con un forte dibattito e una graduale inversione di tendenza.


Inizia così un lento declino dell'istituto del duello, sebbene ancora nei primi anni del Ventennio fascista, deputati, gerarchi e lo stesso Mussolini affrontino duelli, registrati dalla stampa come un rituale d'onore e di conciliazione pubblica che dà popolarità.

Malgrado la ferma proibizione legale, di molti duelli tra fine Ottocento e inizio Novecento rimane ampia traccia spazio sui quotidiani, a testimonianza di come colpissero l’immaginario collettivo.





Sfidarsi per stroncature o parodie: un duello di Marinetti e uno di D'Annunzio


Tra i letterati, anche una recensione duramente negativa o una parodia può comportare una sfida.

Per esempio, Filippo Tommaso Marinetti, il fondatore del Movimento futurista, a Parigi schiaffeggia lo scrittore Georges Henry Hirsch che ha stroncato una riduzione teatrale di una sua opera, intitolata Re Baldoria nella versione italiana.

I due si scontrano in duello pochi giorni dopo, il 16 aprile 1909. 

Un esempio paradigmatico dell'incrocio tra giornalismo, polarità e duello è quello del poeta-vate D'Annunzio, ripetutamente attore di duelli legati al lavoro di cronista mondano e pubblicista per molte testate.

Anche una parodia poteva scatenare una sfida: è il caso del testo Risaotto al pomidauro, un’anonima raccolta di testi lirici pubblicati sul «Giornale di Roma illustrato» nell’ottobre del 1886 da due giornalisti e critici letterari, Edoardo Scarfoglio e Giovanni Alfredo Cesareo, a irridere un'opera di Gabriele D'Annunzio di imminente pubblicazione. tra botta e risposta, inevitabile è alfine la sfida.

D'Annunzio incalza dalle colonne del quotidiano romano «La Tribuna»:

«[Scarfoglio] Ha la faccia dura come il bronzo. Per comodo de’ suoi pari, ha escogitata ultimamente, mi dicono, una ingegnosissima maniera di non battersi. – Un duello – egli oppone all’avversario – costa su per giù dalle duecento alle trecento lire; ed io non ho la somma; e chi mi compra, se s’impietosisce in certe in certe occasioni eccezionali, non tollera però le spese straordinarie di cavalleria. – Ma io, che sono di natura compassionevole, se per un caso ben poco probabile [...] mi chiedesse una riparazione, vorrei rilasciare a suo intero benefizio quelle poche centinaia di lire [...]. Con la mia generosa mancia e con l’assistenza di due uscieri di un ministero qualunque, il signor Edoardo Scarfoglio potrebbe forse scendere sul terreno» (Gabriele D'Annunzio, in «La Tribuna», 27 ottobre 1886, p. 2).

Scarfoglio risponde il giorno stesso dalle colonne del « Corriere di Roma Illustrato», annunciando che sfiderà D'Annunzio:

«Egli mi offre, per mancia, le spese del duello a cui mi provoca. Con buona pace del buon Gabriele, rifiuto. [...]  Il signor D’Annunzio, senza spesa, avrà dunque la visita de’ miei testimoni» («Il Corriere di Roma Illustrato», 27 ottobre 1886, p. 1).

La stessa testata racconta svolgimento ed esito del duello al primo sangue, per il gusto dei lettori appassionati alla «La vertenza D’Annunzio-Scarfoglio»:

«Lunedì 22 corrente, si riunì il Giury, cui era stata deferita la scelta delle armi, costituito, sotto la presidenza dell’on. Generale Pelloux, dei signori: on. barone De Renzis, on. barone Anzani, on. Arbib e cav. Giuseppe Turco. Decise che la scelta delle armi fosse rimessa alla sorte. La sorte favorì il signor Gabriele D’Annunzio, che scelse la spada. Ieri, nelle ore pomeridiane, in una fornace della Valle dell’Inferno, ebbe luogo il duello.

Dopo un’ora e mezzo di combattimento, e trentaquattro assalti, il signor Gabriele D’Annunzio ricevette un colpo di spada all’avambraccio destro, e i medici dichiararono impossibile la prosecuzione dello scontro. Per altro, fortunatamente, la ferita non è grave. I due avversari si strinsero la mano» («Il Corriere di Roma Illustrato», 24 novembre 1886, p. 1).


Ungaretti, 1926: duello con Bontempelli a casa di Pirandello


I duelli nati dalle colonne dei giornali proseguono anche sotto il fascismo, come un vero e proprio necessario rito di conciliazione di vertenze avviate sulla carta stampata. 

Una polemica letteraria iniziate sulle pagine della rivista «L’Italiano» e soprattutto del quotidiano romano «Il Tevere», passa alle vie di fatto al caffè Aragno, ritrovo di letterati nel centro di Roma, proprio nell’anno delle cosiddette “leggi fascistissime”, il 1926. 

Protagonisti ne sono il poeta Giuseppe Ungaretti e lo scrittore Massimo Bontempelli.

La sfida d'onore è alla spada e "al primo sangue": il duello s'interrompe non appena una dei due sfidanti è ferito.

L'episodio è emblematico della trasformazione del duello in evento di riconciliazione mediatico. 








Il duello Ungaretti-Bontempelli si svolge infatti, con richiamo di grande pubblico e attenzione della stampa, nel giardino della villa di Pirandello a Roma, l’8 agosto 1926 alle 18.


I giornali d'epoca forniscono dettagli che suggeriscono la portata mondana dell'evento nella Roma dei giornalisti e letterati: i due testimoni di Ungaretti, come richiesto dall'istituto del duello, sono Mauro Ittar e Federico Verdelli, mentre quelli di Bontempelli furono Mario Baratelli e Gabriellino D'Annunzio, il figlio del poeta. 


A dirigere lo scontro viene chiamato nientemeno che un grande e noto maestro d'armi, Agesilao Greco, sotto gli occhi di molti esponenti del mondo del giornalismo, della letteratura e dell'arte.


Ungaretti riceve una lieve ferita all’avambraccio. A seguire, la riconciliazione tra i due sfidanti su invito del direttore del duello.


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(www.studiodiluigipirandello.it/portfolio/pirandello-e-gli-altri/11-duello-tra-bontempelli-e-ungaretti-nel-giardino-della-casa-di-pirandello-1926/)